Io non ho mai guardato molto a lungo le persone negli occhi. Per timidezza, più che per altri motivi. E anche perché, nei momenti in cui avrei voluto farlo, anche queste persone avrebbero dovuto guardarmi a loro volta. Sono mancate coincidenze e volontà reciproche.
Invece mio figlio l'ho guardato spesso, ricambiato, negli occhi. Ho cercato tante volte di capire chi sia. Spesso ci ho visto me stesso, ma anche altre persone.
E' che i nostri sguardi sono limitati: non vedono tutto quel che c'è da vedere, perché non possiamo che guardare le cose con i nostri occhi e colleghiamo le immagini solamente a quel poco che siamo.
La scorsa notte mio figlio si è svegliato alle tre e mi ha chiesto di stare nel lettone. Mi ha avvolto in un lungo abbraccio finché il sonno non ha prevalso ancora una volta e io l'ho risistemato nel suo letto, più che altro per il caldo afoso che faceva e per farlo dormire meglio.
Nel buio il nostro abbraccio è stato come un lungo e reciproco sguardo protratto sotto al sole: nel silenzio della notte ci siamo detti tante cose, l'uno dell'altro. E anche quando ci siamo riaddormentati abbiamo continuato a chiacchierare, in piena libertà e col cuore aperto.