"Alla redazione di Paternità Oggi è giunta un'interessante iniziativa del sito www.vita.it, la voce del non profit; questo portale propone un testo che illustra i perchè dei pro e dei contro rispetto alla nuova norma che prevederà 4 giorni di congedo parentale. All'interno del sito trovate il sondaggio a cui rispondere, per capire cosa pensa realmente la gente sui congedi obbligatori. Il sondaggio scade il 22 giugno 2010"
Alla Camera una norma che prevede 4 giorni di permesso obbligatorio per i neopapà. Siete d'accordo?
Congedo sì, congedo no? Sulla proposta di legge bipartisan n.2618 all’esame della Commissione Lavoro della Camera per il congedo ai neo papà si è scatenata una polemica feroce. C’è chi la ritiene «una occasione storica per superare le limitazioni al lavoro femminile» (è il caso del vicesegretario del Pd Enrico Letta), chi la bolla come «l’ennesima trovata dirigista scovata da due deputate non mamme» (il giudizio tranchant del “Foglio” di Giuliano Ferrara), e chi ne fa una delle priorità della propria azione politica come il sottosegratario alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi.
Eppure l’obiettivo delle due parlamentari firmatarie (Alessia Mosca del Pd e Barbara Saltamartini del Pdl), era semplice, logico e condivisibile: seguire l’esempio europeo dove questo tipo di leggi sono già presenti. In Svezia, infatti, i padri hanno 30 giorni di congedo retribuito, in Francia ne vengono garantiti 11, mentre in Inghilterra sono obbligatori 3 giorni. Attualmente in Italia il congedo facoltativo è una rarità, visto che lo chiede meno del 4% dei padri, senza contare che in caso di assenza i neopapà vengono retribuiti in media meno di un terzo dello stipendio nel settore privato, mentre i lavoratori del pubblico impiego hanno diritto a stare a casa un mese a stipendio pieno.
Sorprende, quindi, come mai in Italia l’idea abbia scatenato l’ira funesta di alcuni. A lanciare per primo la polemica il direttore de "Il Giornale", Vittorio Feltri, in un doppio editoriale, uno pro e l'altro contro (il suo ovviamente contro): «una legge assurda, un imposizione senza senso» ha tuonato Feltri. A nulla è valso il controeditoriale di Giordano Bruno Guerri dal titolo "Con il bebé per legge? Sacrosanto" in cui si legge: «Raramente come in questo caso una proposta di legge va salutata come uno strumento per modificare l’assetto non solo tecnico, ma anche e soprattutto etico della società».
Ma la polemica non si è fermata lì. Accusandolo di maschilismo strisciante l'onorevole Barbara Saltamartini, responsabile pari opportunità per il Pdl, ha risposto pubblicamente al direttore punto per punto. Feltri ha replicato piccato: «Leggerò volentieri il testo originale del suo “capolavoro”»… sostenendo anche che «Nella pratica con questa proposta di legge il babbo godrà di quattro giorni di ferie (pagate) in più dello scapolo, da trascorrere al bar o in palestra o in altri luoghi definibili ludoteche. In termini crudi, meno giorni di servizio per il dipendente e maggiori oneri per le aziende che già sopportano un costo del lavoro fra i più alti in Europa».
Altre penne autorevoli (e meno intrise di veleno) hanno invece sottolineato che si tratta di quattro giorni simbolici, che obbligano i padri a stare con i figli neonati per imparare a stare con loro. Come nella maggior parte dei Paesi europei, anche i neopapà d’Italia potrebbero rinunciare ad affanni e sotterfugi pur di godersi in santa pace le prime ore o i primi giorni dell’erede. Niente giorni di ferie, anche perché il riposo in questi casi non è da mettere in conto. Niente permesso premio, visto che non sempre il capufficio ha il cuore tenero. E niente fuga in pausa pranzo, con itinerario ufficio-ospedale-ufficio a tempo di record.
Ma queste conquiste basteranno all’altra metà del cielo (le mamme), alle prese con allattamento, pannolini, colichette e notti insonni? E magari anche con la terribile depressione post partum? Nel dibattito si inserisce anche Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni famigliari: «La proposta di congedo parentale sembra più un segnale simbolico che non un reale intervento, anche se evidenzia una necessità forte di corresponsabilità tra i neogenitori. Ci si chiede però se 4 giorni non siano pochi: forse avremmo bisogno di una revisione e di una scelta più coraggiosa. E poi risulta difficile da governare la logica dell’obbligatorietà. Il valore da sottolineare, invece, è la necessità della presenza del padre anche nei primi giorni di vita e questo ci sembra comunque un segnale importante».
Intanto la proposta è al vaglio della Commissione Lavoro della Camera che nella seduta di mercoledì 16 giugno ha concluso l’esame preliminare e su proposta del presidente Silvano Moffa ha deciso di nominare un Comitato ristretto per il seguito dell’istruttoria legislativa.
fonte: vita.it
autore dell'articolo Marina Moioli
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