Per 43 anni ha portato un cognome che non le apparteneva più, ma la signora Rossana Fanny Uva (oggi Paganelli, come la madre), l’ha saputo a quasi mezzo secolo di distanza dal pronunciamento del tribunale.
Tribunale L’incredibile vicenda è rimasta dal 1967 ad oggi sepolta negli archivi del tribunale pugliese, al quale il padre della donna, dopo la separazione dalla moglie, si era rivolto per il disconoscimento di paternità. Richiesta accolta nel maggio del ’67, ma mai comunicata all’interessata. Rossana Fanny aveva allora tre anni.
Identità sbagliata Da allora è passata una vita, nella quale la donna ha cambiato città e regioni di residenza: prima Milano, dove vive ancora l’anziana madre, e poi Dosson di Casier (Treviso), in Veneto, dove lavora e coltiva i suoi interessi. Tra questi la scrittura, romanzi e poesie, tutti firmati ovviamente con quel cognome, Uva, che anagraficamente non le appartiene dagli anni ’60. La lancetta del lentissimo orologio burocratico è tornata al presente pochi mesi fa, con la morte del padre biologico.
"Batosta morale" Al tribunale di Trani - scrive "Il Gazzettino" - si sono così "ricordati" di dover avvisare il Comune di Milano, dove Rossana risultava essere andata a vivere, e dal capoluogo lombardo le carte sono arrivate al Comune di Casier. "Adesso non sono nessuno - commenta amaramente la donna - Oltre alle spese da sostenere, è a livello morale che la cosa è devastante". Rossana Fanny domani andrà a richiedere la carta d’identità con il nuovo cognome, Paganelli, ma annuncia un ricorso al Tribunale per danni morali. Nella speranza di non dover attendere mezzo secolo.
ilgiornale.it
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