Più presenti con i figli, meno passivi come educatori, competitivi nei confronti delle compagne. L’argomento è ghiotto: sociologi, scrittori, registi ne vanno pazzi. Raccontare i nuovi padri è ormai un genere letterario e cinematografico. Cercare di definirli sarebbe come cercare di classificare il genere umano. Ma non importa, esperti di ogni estrazione li analizzano da tutti i punti di vista. Anche in relazione alla crisi economica: «Gli uomini sono diventati più attenti perché viviamo nella precarietà» spiega Caroline Gatrell, docente di psicologia all’Università di Lancaster. «Si sono accorti che un lavoro non è per sempre, che una relazione potrebbe finire. Sono i figli l’unica certezza, perché sono per la vita». Sì, finché divorzio non li separi, però. Perché allora i padri italiani iniziano una nuova vita, che negli ultimi anni ha assunto tratti del tutto inediti. E non sempre piacevoli.
«Non sono i separati a essere cambiati negli ultimi anni, ma i padri in generale: rivendicano una maggiore partecipazione alla vita educativa» commenta la sociologa della famiglia Chiara Saraceno. «Quando c’è una separazione, gli uomini non accettano più di essere esclusi. Questo può generare competizione tra gli ex coniugi, ma può anche avere risvolti positivi, attenuare il trauma per i bambini, fare in modo che questi continuino a sentirsi figli dell’uno e dell’altro, senza odi e vendette».
D’accordo, non tutte le separazioni sono traumatiche. Ma come dice Elio Cirimbelli, fondatore di un centro di assistenza a padri separati, «se le coppie fossero capaci di separarsi civilmente, forse non si separerebbe nessuno». Infatti, quasi mai son rose e fiori. E le ripercussioni sulla vita dei padri sono spesso terribili.
«Però, la prego, non scriva il mio nome»: i tentativi di raccogliere le loro storie finiscono puntualmente con queste parole. Ufficialmente «per proteggere i miei figli», «stanno già soffrendo abbastanza, non c’è bisogno che il nome del padre finisca anche sui giornali». Ma quando le difese emotive si abbassano spunta un altro motivo: «Essere un padre separato oggi fa quasi vergognare di sé» confessa timidamente qualcuno.
Eccoli allora: battaglieri in tribunale, ansiosi di condividere giornate con i pargoli, ma anche fragili, disorientati, divorati dal senso di colpa e incattiviti dagli espedienti giuridici che vanificano le buone intenzioni dei legislatori. Perdere in un solo colpo i figli, la casa e gran parte del proprio reddito significa per molti aggiungere al dolore della separazione una dura botta alla propria autostima.
Senza però dimenticare quelli che continuano a considerare il finesettimana con i figli un diritto e non un dovere educativo, che nelle ore in cui potrebbero stare coi bambini li lasciano a una baby- sitter, che non pagano l’assegno di mantenimento alle mogli. «Spesso le madri sono costrette a una continua questua per ottenere ciò che spetta loro» ricorda Anton Giulio Lana, avvocato esperto di diritto della famiglia.
«Ma se il marito viene dichiarato inadempiente, c’è uno strumento in più: l’ordine di pagamento da parte del suo datore di lavoro, che passa gli alimenti all’ex moglie deducendoli dallo stipendio». Silvana Quadrino, psicoterapeuta della famiglia, avverte: «Se un uomo non sentiva il legame della paternità nella coppia, diventa difficile imporglielo dopo la separazione, in termini sia affettivi sia economici. Col risultato che tutto torna a gravare sulle spalle delle madri. Le quali inoltre, soprattutto se i figli sono piccoli, percepiscono ancora l’accudimento in modo più naturale. I padri devono fare uno sforzo in più».
Mette in guardia dai luoghi comuni Umberta Telfener, psicoterapeuta della coppia: «Gli italiani in genere sono buoni genitori, quando però non usano i figli per continuare a dare battaglia all’ex coniuge perché non accettano la separazione. E questo lo fanno sia gli uomini sia le donne».
Andrea B., milanese, separato da un anno e con due figli affidati alla ex moglie, sdrammatizza: «Lo sa che differenza c’è tra un uragano e una donna? Nessuna, quando passano si portano via la macchina, la casa e tutto quello che c’era dentro». Maschilismo che tradisce rancore, certo. Ma l’umorismo amaro di Andrea non è lontano dalla delusione di Marino Maglietta, colui che per anni si è battuto per la nuova legge sull’affido condiviso (la numero 54 del 2006). «Con l’associazione Crescere insieme abbiamo messo a punto il testo. Ci sono volute quattro legislature per fare approvare la legge. Due anni fa è entrata in vigore. E oggi ci troviamo di fronte a un vero tradimento» sbotta. «L’obiettivo era quello di dare al minore il diritto di mantenere un rapporto continuo con entrambi i genitori. Doveva sancire la fine delle liti su soldi e tempi da destinare ai figli. Invece la maggior parte dei tribunali applica la legge solo pro forma, rifacendosi alla giurisprudenza precedente». Tradotto in soldoni: quasi sempre il figlio è affidato alla moglie, l’assegnazione della casa segue il figlio mentre il mutuo si divide a metà. In più la parte economica, che dovrebbe essere calcolata per capitoli di spesa e ripartita tra i due coniugi, è invece ancora il vecchio assegno di mantenimento.
«La legge attuale contiene troppe ambiguità» ammette Maglietta «per questo abbiamo lavorato a un nuovo disegno di legge (il numero 957) che presto sarà discusso in Senato. Il testo propone il doppio domicilio per il figlio, precisa gli oneri di entrambi i coniugi e indica l’istituto della mediazione familiare come strumento obbligatorio per le coppie che intendono divorziare».
Gli istituti di mediazione familiare sono sparsi in tutto il territorio nazionale. Sono associazioni private che aiutano le coppie a lasciarsi nel modo meno doloroso possibile. In Trentino e in Alto Adige sono gratuiti e permettono di arrivare a separazioni consensuali senza bisogno di assistenza legale privata. Bolzano è anche la prima provincia italiana che ha visto nascere, lo scorso ottobre, i condomini per separati. «Abbiamo esteso loro il diritto agli appartamenti dell’Ipes (Istituto per l’edilizia sociale), destinati un tempo soltanto a extracomunitari e portatori di handicap, perché fare fronte alla questione dei padri separati significa arginare un fenomeno di nuova povertà» spiega il vicepresidente della provincia Mauro Minniti.
La denuncia arriva anche dalla Caritas: nei dormitori, alle mense, aumentano gli uomini separati in difficoltà. La Liguria, prima regione in Italia per numero di divorzi, corre ai ripari lavorando a una legge che offra sostegno legale, psicologico ed economico ai padri. A Milano, vicino al Parco Sempione, è nato invece il centro Giopà: uno spazio colorato e pieno di giochi per i papà che non hanno un luogo adatto dove incontrare i figli.
Intanto molti padri cominciano a fare conoscenza con una nuova categoria psicologica: la sindrome da alienazione genitoriale (Pas). «Si tratta dell’indottrinamento di un genitore che spinge il figlio a odiare l’altro genitore» spiega Chiara Soverini, psicologa dell’associazione Padri separati: «Se viene riconosciuta può portare a un ribaltamento dell’affidamento. Ma recentemente la strategia che va per la maggiore è l’accusa di abusi sessuali, perché è il modo più sicuro per non fare più vedere il figlio al genitore accusato». Lo conferma Vittorio Apolloni, fondatore del Centro di documentazione falsi abusi sui minorenni: «Secondo i dati del centro, l’86 per cento delle separazioni sfocia in una denuncia per maltrattamenti, violenze o abusi» spiega. «Nel 95 per cento di questi casi i padri vengono poi dichiarati innocenti, ma nel frattempo, dalla denuncia fino alla fine dell’iter giudiziario, hanno speso moltissimi soldi in avvocati e spese legali».
Quando va bene. Nel peggiore dei casi invece l’iter è quello che è toccato a Sergio Nardelli, la vittima più nota di questa accusa infamante: due mesi di carcere, tre anni di udienze, un lavoro perso, una cantina di 7 metri quadrati come casa. Dichiarato innocente, ancora aspetta giustizia.
I numeri:
200mila: i padri separati in Italia.
90 per cento: la media di applicazione dell’affido condiviso nei principali tribunali d’Italia (dato aggiornato al marzo 2008). Nel 2006, anno in cui è stata introdotta la legge, era del 28% (fonte Istat).
90 per cento: la percentuale delle cause con affidamento alla madre in cui il padre è tenuto a versare un assegno di mantenimento per i figli pari in media a 400 euro
71 per cento: la percentuale dei casi in cui l’abitazione va all’ex moglie
61.153: i divorzi in Italia nel 2007
fonte: blog.panorama.it
articolo di Antonio Carnevale e Cristina Bassi
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