Sono convinto che un figlio lo si debba amare per quello che è, non soltanto quando ci compiace. Fin dal primo giorno di vita, il bambino non appartiene ai genitori, non è - lo dimostrerà sempre di più - una loro emanazione. E' e sarà una persona unica, con qualche istruzione - ricevuta da parenti, insegnanti e amici, ma comunque rielaborata - che eventualmente avrà deciso di trattenere. Le esperienze che farà saranno soltanto sue e nessun avvertimento, nessun buon consiglio varrà quanto ciò che vivrà direttamente. Nessun insegnamento sarà per lui tanto fondamentale quanto la vera vita, quella vissuta.
Spero che mio figlio diventi il più possibile una persona indipendente. Tuttavia, già a partire da oggi, il mondo in qualche maniera rema contro questa mia e soprattutto sua aspirazione naturale. Lo fa in tanti modi, attraverso mille condizionamenti, ogni giorno che passa. Non siamo liberi: è questa la verità. Ma ciò che mi sconcerta davvero è propriamente l'azione - per così dire - dal basso, dal banale, dal quotidiano più stupido, finalizzata al controllo, all'ortodossia, al "così dev'essere".
E adesso, finalmente, parlo chiaro: Dodokko, tre anni e due mesi, finora non ha mai giocato con le pistole al cowboy, le macchinine lo annoiano, così come i videogiochi. Preferisce leggere, leggere tantissimo, le favole. Le sue preferite, ultimamente, sono: La bella e la bestia, La bella addormentata nel bosco, Biancaneve, Cenerentola, Gli Aristogatti, Winnie the Pooh, La spada nella Roccia, Trilly e tante altre che ora neanche mi vengono in mente. Ma il concetto credo sia chiaro comunque: mio figlio predilige le storie con protagonisti femminili. E di questi ha tutta una serie di gadget che il mercato ci ha imposto: bamboline raffiguranti le principesse della Disney, palloni con gli stessi personaggi femminili di queste favole, persino una tovaglietta per la prima colazione con Biancaneve e company.
Tutte cose che io stesso gli ho comprato, dopo che me le ha chieste, senza nessun problema e soprattutto perplessità riguardo la sua identità sessuale. Identità, qualunque essa sia, e inclinazione, qualunque essa sarà, che non mi interessano affatto: mi basta che mio figlio sia felice e soprattutto sereno da questo punto di vista. La sua sfera sessuale sarà un suo aspetto privato e veramente non vedo di che preoccuparsi in proposito.
Tuttavia - e qui torno al punto di partenza - non manca chi lancia allarmi, chi avverte di un problema imminente e chi lo fa anche davanti a lui, provocandogli - mi è stato raccontato - addirittura uno stato di ansia quando, ad esempio, qualche pomeriggio fa Dodokko voleva andare a dormire con la bambola di Biancaneve. Una volta sul letto con il pupazzo, si è improvvisamente rattristato e ha esclamato: "Ma io sono un maschio, Biancaneve è per le femmine". Noi genitori gli diciamo che non ci sono giocattoli e favole fatti appositamente per i maschi e per le femmine. Racconti e giocattoli, pupazzi e favole, se sono belli lo sono per tutti, a prescindere dal sesso di chi li usa.
Ma queste nostre rassicurazioni devono vedersela con una quotidianità fatta di obiezioni continue e in un solo weekend, quello appena trascorso, ne ho raccolte almeno tre: dal parente che, appena l'ha vista, ha detto davanti a lui e senza mezzi termini che la tovaglietta è da femmina; all'amico che ha detto la stessa cosa a proposito di una sua bamboletta; al bambino poco più grandicello incontrato al parco e che, dopo aver giocato con Dodokko con il pallone con le principesse per più di mezz'ora, si è accorto improvvisamente delle figure che vi erano ritratte e lo avvertito che quello non era un pallone da maschi, proponendogli di cambiarlo e di giocare con il suo, quello classico, quello con gli esagoni bianchi e neri. Quello molto più geometrico, più giusto, più regolare o, ancora meglio, regolamentare.