«Sì, sono io l’uomo che ha fatto da tramite tra le donne italiane con problemi a procreare e gli intermediari ucraini di Kiev che offrono donatrici sconosciute di uteri per poi portare i bimbi qui da noi e aggirare così le norme sull’adozione».
Ha confessato ieri sera davanti a Max Laudadio, inviato di «Striscia la notizia», il milanese Raimondo T., 46 anni, agente della polizia municipale in servizio da 17 anni in città e da due vigile part time in zona 6, al Gratosoglio. L’uomo era stato smascherato l’altroieri proprio da una inviata del tg satirico di Antonio Ricci: dopo l’inchiesta del programma, che ha portato alla luce il traffico illegale di uteri a Kiev e l’esistenza di un referente milanese dell’organizzazione (il vigile appunto), la giornalista si era finta infatti una madre-aspirante cliente e, con una telecamera nascosta, aveva incontrato il ghisa in un bar milanese dove lui si era presentato in divisa. Spiegandole che, con un anticipo variabile dai 3 ai 5mila euro (per un costo finale di almeno 30mila) avrebbe pensato a tutto lui: la madre «surrogata» ucraina, dopo aver partorito grazie al seme impiantatole nell’utero, rinunciava al bimbo, così che il padre italiano ne potesse chiedere la paternità e la sua compagna, o moglie, dichiarare di essere la madre naturale del piccolo.
Un commercio illecito lucroso, che il ghisa era riuscito a mettere in piedi, grazie anche alla compagna ucraina con la quale vive al quartiere Spaventa, a due passi dal suo comando. Un business a tanti zeri, per poter sostenere non solo le spese degli intermediari e della finta madre, ma anche i costi di un avvocato, di un notaio e della struttura dove avveniva il parto. Il tutto fatto eludendo la legge italiana speciale numero 40 del 19 febbraio 2004 che punisce chiunque, «in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza (...) la surrogazione di maternità con la detenzione da 3 mesi a 2 anni e una multa variabile dai 600mila a un milione di euro».
«Io non sapevo, però, che si trattasse di una pratica illegale in Italia. E poi non ho mai chiesto un soldo» si è giustificato sempre ieri sera il ghisa. «Dimenticando» che, proprio nel filmato precedente - quello dell’incontro con la giornalista fintasi una potenziale cliente (andato in onda sul tg di Antonio Ricci mercoledì sera) - dopo aver spiegato che per iniziare la pratica bastava appunto «un bonifico da 5 mila euro», si affrettava anche ad aggiungere che le operazioni «ufficiali» finivano lì e lasciando intendere che il resto del denaro gli aspiranti genitori dovevano fornirlo cash. «(...) Perché - precisava il ghisa - se gestisco 20-30 donne l’anno, come faccio a giustificare alla tributaria l’arrivo sul mio conto di 480.000 euro in un anno?». Dimostrando così platealmente che era ben cosciente dell’illegalità della cosiddetta «fecondazione eterologa».
Intanto, al comando provinciale della polizia municipale di piazzale Beccaria, continuano le indagini della squadra investigativa fortemente volute dal comandante Tullio Mastrangelo. L’agente Raimondo T. è piuttosto conosciuto tra i colleghi che lo descrivono senza mezze misure come un tipo «molto particolare» seppure, dall’entrata in servizio, nel 1992, non risultino a suo carico provvedimenti disciplinari. In molti, però, non riescono a spiegarsi come abbia potuto presentarsi in divisa davanti alla giornalista-finta madre di «Striscia». «Avrà pensato di essere più credibile» sostiene sogghignando chi lo conosce bene. E invece, adesso, proprio l’aver indossato quella divisa, costituirà per lui un’aggravante.
fonte: ilgiornale.it del 4 dicembre 2009
articolo di Paola Fucilieri
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