Nel 1955 l'attore britannico Michael Caine fece sopprimere il padre, malato di cancro terminale al fegato, dai medici che lo assistevano. Lo ha confessato lo stesso Caine, ammettendo il principio del "suicidio assistito". Nel Regno Unito dal 1961 il suicidio assistito è un crimine e in teoria l'attore rischierebbe fino a 14 anni di prigione. Ma il capo della procura generale ha escluso di volerlo incriminare.
Caine, il cui vero nome è Maurice Joseph Micklewhite, ha spiegato in un'intervista alla radio Classic Fm che i medici iniettarono una overdose di antidolorifico per porre fine alle sofferenze del padre, cui "ormai restavano al massimo tre o quattro giorni di vita". Dopo aver assistito il padre per giorni Caine si avvicinò ai medici chiedendo loro: "Non c'e' nulla che potreste fare... dargli una overdose e porre fine a tutto questo". La prima risposta dei dottori fu un netto rifiuto ma proprio mentre stava lasciando l'ospedale uno dei medici gli disse: "Torni a mezzanotte". L'attore ha riferito che puntuale all'ora stabilita era al capezzale del padre e "cinque minuti dopo mio padre se ne era andato".
L'attore, che ha vinto due Oscar (nel 1986 per "Hannah e le sue sorelle" e nel 1999 per "Le regole della casa del sidro") ha spiegato di non aver detto nulla neanche alla madre Ellen, morta nel 1989.
Nel Regno Unito dal 1961 il suicidio assistito è un crimine e in teoria rischierebbe fino a 14 anni di prigione. Ma il capo della procura generale, Keir Starmer, ha escluso di volerlo incriminare perché Caine rientra nella fattispecie di chi "ha aiutato a porre fine alla vita di una persona cara per ragioni compassionevoli ed altruistiche".
tgcom.mediaset.it
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