“E' più facile trovare degli articoli che parlano di paternità o genitorialità, che danno consigli o propongono alternative educative. Oggi vogliamo invece proporvi una serie di dati che raccontano come gli stessi genitori pensano di se stessi e cosa pensano degli altri genitori. I dati statistici sono presi da una ricerca condotta da Save the Children. (laRedazione)”
Come viene concepita l’educazione impartita ai propri figli dai genitori italiani o che vivono in Italia? Quali i valori che devono essere assimilati dai ragazzi e quali gli obiettivi dell’educazione?
Queste sono le principali domande a cui si è tentato di rispondere tramite una ricerca di Save the Children, realizzata da Ipsos, sui sistemi educativi familiari in Italia.
Alcuni dei risultati della ricerca:
I figli vanno educati innanzitutto al “rispetto degli altri”: ad affermarlo spontaneamente è il 74 % dei genitori e il 60% dei ragazzi. I genitori ritengono che i figli debbano maturare anche il rispetto di sé, l’autostima (15%, percentuale che se sollecitata, diventa del 42%), intesa anche come mezzo per il raggiungimento di un traguardo e l’autoaffermazione. Per i genitori stranieri, invece, emergono valori come la libertà o il perseguimento della felicità che, in considerazione dei contesti di provenienza, vengono considerati meno scontati e acquisiti, oppure la cultura nella sua accezione di riscatto sociale, e infine l’importanza della famiglia e della religione.
I ragazzi, invece, dimostrano una maggiore sensibilità verso valori quali la generosità (media 26%), la curiosità (20%), l’apertura verso il prossimo (20%).
In bilico tra dimensione normativa e affettiva
L’educazione impartita ai figli dai genitori è una combinazione di affetto (37%), dialogo (30%), indi regole (23%), e infine sistemi di punizione (10%).
“I genitori italiani vivono il proprio ruolo educativo come un continuo equilibrio tra la necessità di stabilire delle regole e porre dei limiti da rispettare, e quella di trasmettere amore e fiducia”, commenta Valerio Neri, Direttore Generale per l’Italia di Save the Children. “Il superamento di tale dialettica tra dimensione normativa e affettiva, secondo molti genitori, è mediato dalla comunicazione e l’ascolto. Ma, accanto a questa posizione di equilibrio, ne esistono due contrapposte: quella di chi teme di compromettere la relazione con il proprio figlio e tende a farlo diventare il dominus della relazione, e quella di chi invece, ancora utilizza la violenza per affermare la propria autorità.”
Accanto a coloro che sono troppo indulgenti e non riescono a fissare delle regole e farle rispettare, esiste infatti ancora una media del 25% dei genitori italiani utilizza le punizioni corporali, dallo schiaffo alla sculacciata, come metodo correttivo.
I genitori di oggi in media si descrivono come meno severi rispetto ai propri (il 59% di essi, percentuale che arriva al 68% fra i genitori con figli più grandi), apprezzano i valori trasmessi dai loro genitori, ma meno i sistemi educativi utilizzati che, seppur non autoritari, valutano troppo poco orientati al dialogo.
In media, in una scala da uno a dieci, ritengono che il proprio grado di autorità nell’imporsi ai figli sia pari a 4,7, mentre la severità delle punizioni è pari a 4, il dialogo raggiunge un punteggio medio di 8,5 e il grado di autonomia dei ragazzi nel percorso di crescita sia di 7,4.
Questo è quello che emerge se si chiede ai genitori italiani di valutare se stessi, ma nel momento in cui si chiede loro di valutare gli altri genitori, emergono figure troppo permissive e indulgenti con i figli (pari a 7 in una scala da 1 a 10), con un eccesso di affettività che a volte danneggia il bambino e ancora poco capaci di educare i figli al rispetto altrui (5,6), non in grado di utilizzare punizioni severe (3,8) o di imporsi in modo autoritario (4,1), con un impatto negativo sull’autonomia dei figli (5,5).
Nonostante ci sia un atteggiamento incline a voler prendere un po’ le distanze dal passato, quando si riflette sull’attualità dei metodi utilizzati nella famiglia di origine dei propri genitori, quasi l’85% del campione li ritiene comunque non superati (il 55% pensa siano del tutto attuali). Anche coloro che hanno vissuto in famiglie dove il ricorso allo schiaffo era un pratica usuale, ripensando ai metodi educativi dei propri genitori ritengono che siano in parte ancora validi (44%) se non addirittura completamente (31%).
La dimensione punitiva. Le misure efficaci e quelle solo violente
Se una punizione è necessaria, quelle più efficaci sono considerate l’imposizione di una restrizione (in media il 71% dei genitori), “sgridare i figli con decisione” (32%) e “costringerli a svolgere delle attività non gradite” (21%). Tuttavia, tra i genitori con figli da 3 a 5 anni, un 14% ritiene utile ricorrere alla sculacciata, percentuale che diventa del 10% per chi ha figli dai 6 ai 10 anni.
Ma quanto frequentemente si fa ricorso a questi metodi? Sicuramente la pratica è molto ridimensionata rispetto ad un tempo, eppure permane una percentuale di genitori che utilizzano lo schiaffo come metodo correttivo (il 25%, di cui una parte più esigua pari al 2% lo fa quasi tutti i giorni, mentre il 23% lo fa qualche volta in un mese). Una media del 19% dichiara che non capita mai di ricorrere allo schiaffo e di essere decisamente contrario (percentuale che sale al 21% per i genitori di ragazzi adolescenti tra gli 11 ed i 16 anni), o di non utilizzarli quasi mai (57% in media, che sale al 70% in caso di figli più grandi).
In situazioni limite, tuttavia, ben il 53 % dei genitori italiani dichiarano di ricorrere alla punizione fisica, percentuale che tra i genitori con bambini più piccoli sale al 63% e tra quelli di adolescenti scende al 40%. Il restante campione dichiara di non aver mai dato uno schiaffo ai propri figli, anche se di questi il 25% dichiara di averne avuto la tentazione.
“Secondo quanto affermano i genitori italiani, in una parte della ricerca di Save the Children realizzata attraverso colloqui approfonditi di gruppo, la punizione fisica, quando utilizzata, sembra costituire un vero e proprio codice di comunicazione non verbale, il voler segnalare in modo inequivocabile che si è superato un limite estremo, ma è anche una risposta ad un momento di esasperazione, di spavento, il tentativo di uscire da uno stato emotivo sgradevole”, continua Valerio Neri. “Sia dalle risposte dei ragazzi, che da quelle dei genitori, comunque, emerge il disagio di fronte ad un “metodo educativo” che sicuramente non rappresenta quello più valido”.
Dalla ricerca, inoltre, a testimonianza dell’inadeguatezza della punizione corporale come modo di risolvere un conflitto, emerge che in seguito allo schiaffo i genitori e i ragazzi hanno delle percezioni molto differenti: mentre i primi immaginano che il sentimento più forte provato dai figli sia quello del dispiacere, unito però alla consapevolezza di aver commesso un errore, per i ragazzi l’episodio viene sì vissuto con dispiacere per l’accaduto, ma la sensazione forte è quella di non essere compresi, piuttosto che rabbia e desiderio di rivalsa.
Come interpreta Save th Children i risultati della ricerca?
“Alla luce di questi dati, Save the Children, in linea con le sollecitazioni provenienti a livello europeo ed internazionale, intende promuovere anche in Italia un cambiamento culturale, che coinvolga tutti i principali attori delle Istituzioni, della società civile, del mondo dei media ed ogni singolo cittadino, volto alla tutela dei bambini contro qualsiasi atto di violenza, anche all’interno del contesto familiare e se utilizzato con intento educativo”, ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale per l’Italia di Save the Children.
“È per questo che nel corso di una tavola rotonda con i maggiori esperti nazionali ed internazionali in materia, Save the Children ha lanciato il primo Manifesto per un’educazione non violenta, che ad oggi ha già raccolto le adesioni di alcuni dei più prestigiosi esponenti della pedagogia, della neuropsichiatria infantile, del mondo giuridico e dell’associazionismo, e che intende essere la pietra miliare per un impegno concreto contro qualsiasi atto che sia degradante o umiliante per un bambino, per promuovere una cultura del rispetto della loro dignità umana ed integrità fisica e mentale”.
Save the Children, inoltre, ritiene che richiamare espressamente il divieto di utilizzare punizioni fisiche nell’educazione dei figli, adeguando il dettato normativo, consentirebbe all’Italia di fare un ulteriore passo in avanti nella tutela dei minori, lanciando un messaggio chiaro ed innovativo, così come avvenuto in altri Paesi europei.
“L’obiettivo di Save the Children non è quello di colpevolizzare i genitori, ma anzi di aiutarli, dimostrando che è possibile mantenere disciplina ed autorevolezza attraverso sistemi educativi che non concepiscano la violenza come modo di risoluzione di un conflitto. È per questo – afferma Claudio Tesauro, Presidente per l’Italia di Save the Children – che chiediamo alle Istituzioni competenti di farsi promotrici di una campagna di sensibilizzazione e informazione sulla genitorialità positiva e al Parlamento di approdare in tempi brevi ad una riforma normativa, che vieti espressamente le punizioni corporali in ambito familiare, allineando di fatto l’Italia agli altri Paesi europei che hanno già adeguato la propria normative interna.”
Fonte: paoloborrello.ilcannocchiale.it http://paoloborrello.ilcannocchiale.it/2010/03/29/come_educano_i_figli_i_genitor.html
Autore: Paolo Borrello
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