«“Mammo” o semplicemente “papà”, io ne sono orgoglioso». Bolognese di 38 anni, due figli, autista degli autobus, Sebastiano tra pochi giorni entrerà nel suo secondo periodo di “paternità facoltativa”.
La prima esperienza con il figlio Nicolò, ormai tre anni fa, quando insieme alla compagna Morena decide che, dopo il ritorno al lavoro della mamma, del loro bimbo non si sarebbero presi cura i nonni o una baby sitter, ma lui, il papà. Così, presenta all’azienda e all’Inps la richiesta di quattro mesi di congedo parentale facoltativo, quello che comunemente viene chiamato “maternità facoltativa”: 180 giorni in tutto, durante i quali si percepisce il 30 per cento dello stipendio entro i tre anni di vita del figlio, spendibili da entrambi i genitori ma non contemporaneamente.
Decidere che quattro mesi di congedo parentale li avrebbe presi lui, per la mamma ha significato rinunciarvi per sempre: «Io avevo già avuto la possibilità di stare a casa con mio figlio per sette mesi tra maternità obbligatoria, ferie e un po’ di facoltativa –racconta Morena- Era giusto dare al papà questa opportunità. In più, sapere mio figlio con lui ha reso più dolce il distacco del rientro al lavoro. Il papà è la persona che più di ogni altra capisce le mie emozioni verso il bimbo, quindi sapevo che le avrebbe rispettate». Il bilancio di quell’esperienza è stato così positivo che Sebastiano la ripeterà anche con il secondo figlio Riccardo per sei mesi: «Ho la fortuna di lavorare in un’azienda che non mi ha posto ostacoli in questo senso. Anzi, mi incentiva con un integrativo dello stipendio al 30 per cento – spiega Sebastiano- Alcuni colleghi si sono meravigliati quando hanno saputo che starò di nuovo a casa tanto tempo con mio figlio.
Anche per i miei genitori non è stato così facile accettarlo la prima volta, perché temevano che non ne sarei stato in grado. D’altronde, quasi quarant’anni fa che un padre accudisse un neonato in tutto e per tutto era fuori dal mondo». E qualche momento difficile anche Sebastiano lo ha avuto. «Quante volte mi sono chiesto: “e adesso la mamma cosa farebbe?”. Poi, in qualche modo, ce la facevo. Ho avuto la possibilità di entrare in sintonia con Nicolò come mai avrei immaginato e ho capito le fatiche delle mamme». Non per tutti, uomini e donne, è scontato regalarsi tanti giorni lontano dal posto di lavoro a stipendio ridotto. Ma se fosse anche solo un po’ più diffuso il congedo di paternità, per le mamme lavoratrici sarebbe un grande passo avanti agli occhi dei datori di lavoro.
In Svezia, per esempio, due mesi di congedo sono riservati per legge solo al padre (all’80 per cento dello stipendio, ndr). Senza arrivare a tanto, in Italia la possibilità (in parte) esiste. Quel che conta, intanto, è che mai come prima stia crescendo la voglia dei papà di questa “nuova” paternità.
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Guida ai congedi di paternità: dipendenti pubblici e privati
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