Era il Maliardo, l'elegantone da locali notturni, il viveur dal sorriso smagliante e la battuta sempre pronta. Dagli anni '40 ai '60, Carlo Dapporto è stato il re della rivista, ricordato dai meno giovani al fianco di Wanda Osiris sui palcoscenici di tutta Italia, amato dai bambini di un tempo come l'Agostino dei caroselli e delle trasmissioni per famiglie. Con i suoi doppi sensi, le barzellette, i francesismi sempre carichi di autoironia.
Quest'anno, Carletto Dapporto avrebbe compiuto cent'anni, visto che era nato a Sanremo il 26 giugno del 1911. Se ne sono ricordate le Poste Italiane, che a luglio gli dedicheranno un francobollo. Se ne ricorderà forse qualcuno anche in Liguria, e si è comunque ancora in tempo, visto che mancano quasi tre mesi al centenario.
"Per ora non mi ha ancora chiamato nessuno, ma non si può mai dire", ammette il figlio Massimo, che oltre ad essere l'attore teatrale, cinematografico e televisivo che tutti conoscono, è pure un doppiatore di successo, come testimonia la serie "Toy Story" e il pioniere delle fiction poliziesche, con la serie "Il commissario" ambientata e girata a Genova (qualche scena a Livorno) alla fine degli anni '90.
"Mio padre lo ricordo innanzitutto come uno che portava il buonumore dappertutto, anche fuori dalla scena, con chiunque. Per lui avere una persona davanti significava già avere un pubblico. Aveva quello spirito ligure sempre pieno di ironia, che trovo ad esempio in un Beppe Grillo, anche se lo aveva in modo più soffice, più elegante: ma quando vedo Grillo ritrovo un po' l'ironia intelligente di mio padre, quella che aveva mentre leggeva le notizie su un giornale e si indignava, scherzava, commentava..."
Nel privato come sulla scena, insomma.
"Al di fuori del lavoro era quasi sempre con persone semplici. Passava ore a giocare a scopetta col tappezziere sottocasa. Oppure stava al tavolino del bar, con gli amici: lo vedevo magari da lontano, ma dalle espressioni capivo che riusciva sempre a divertire tutti, con le sue storielle e le sue battute. Ed era anche una persona molto sensibile. Faceva del bene, ma in maniera nascosta. Al barbone che dormiva in strada dava i soldi in modo appartato, quando non lo vedeva nessuno. Ci tengo a ricordare questo suo aspetto, il suo modo di essere molto discreto: un uomo di grande umanità ma anche di grande discrezione".
E' rimasto legato a Sanremo oppure sentiva Milano come la sua vera città?
"Andando a Milano ha avuto il grande successo professionale, con Wanda Osiris. Ma a Sanremo è rimasto sempre legato, soprattutto finché c'era sua madre. Fino agli anni '70 si tornava tutti lì ogni estate, aveva gli amici, parlava sanremasco. Faceva anche parte della "Fameggia sanremasca". Adesso non ci veniamo più, non è rimasto nemmeno un parente. Ma gli hanno intitolato una piazza, davanti alla vecchia stazione, dove vorrebbero far arrivare la Milano-Sanremo. E c'è una corsa ciclistica intitolata a lui, la Gran Fondo Carlo Dapporto, voluta da una signora ligure, Luisa Bianchi, frequentata ogni anno da un migliaio di concorrenti e con un percorso speciale per i disabili".
Carlo Dapporto lo si può ancora vedere in una cinquantina di film che ha interpretato: qual è la sua prova migliore?
"Quella in "La famiglia" di Scola, dove fa il fratello di Vittorio Gassman. I grossi comici hanno difficoltà ad abbandonare il loro personaggio. Ma grazie a un grande regista come Scola, mio padre è riuscito a spogliarsi delle sue convinzioni: è il film che segna la sua maturità come attore".
repubblica.it
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