C'è un articolo nell'edizione on-line della Cnn intitolato
"I padri sono necessari? Chiedilo ai figli", a firma di Roland C. Warren, presidente dell'organizzazione no-profit 'National Fatherhood Initiative', in cui l'autore dice di credere che "ogni bambino ha, nella propria anima, una parte vuota a forma di suo padre e, quando i papà non sono capaci o non vogliono riempire quel vuoto, questo si trasforma in una ferita difficilmente sanabile".
Per una strana associazione di idee ho pensato al Simposio di Platone e al racconto della mela divisa in due metà: noi uomini, individualmente, siamo una di queste parti del frutto, dunque siamo incompleti e siamo costantemente alla ricerca dell'altra metà per raggiungere la completezza. Per il filosofo ateniese, proprio l'assenza di una parte di sé, incarnata da qualcun altro, conduceva alla ricerca della persona da amare.
Ora, non intendo sconvolgere il mito platonico, affermando che le nostre dolci metà siano i nostri figli, ma parlare di qualcosa - credo - di molto simile e su cui mi ha fatto riflettere l'articolo di Warren. I vuoti di cui parla, quelli dei bambini e che, se non colmati, spesso si trasformano in ferite dell'anima, sono gli stessi vuoti che hanno quegli stessi figli che oggi sono diventati genitori. E che, guardando negli occhi i propri figli, vedono se stessi alla loro età mentre inaspettatamente assumono le sembianze dei propri genitori e a volte di quelli che avrebbero desiderato avere.
Questi genitori-ex figli e questi genitori tornati improvvisamente dal passato adesso desiderano e cercano di riempire il vuoto dei propri figli e, così facendo, non perdono la loro seconda e ultima chance di essere amati dai propri padri.
Ritrovano anche loro - non so dire come - la metà di una mela perduta.