Spesso i nostri figli vengono visti come svogliati, oppure con poca voglia di fare, con mancanza di attenzione etc. Ci si ferma spesso a questo giudizio, etichettando il ragazzo e non andando ad indagare se per caso esistono altre motivazioni a questo disagio. Una motivazione potrebbe essere la dislessia, di cui abbiamo già parlato in questo articolo (clicca qui per leggerlo).
In questo articolo invece, Paternità Oggi ha chiesto all'Agiad (Associazione Genitori Insegnanti amici della Dislessia) di spiegare ai nostri utenti la difficoltà a trovare nella scuola un supporto adeguato al problema della dislessia; l'Agiad ci informa che esistono metodi di approccio all'insegnamento che possono andare bene sia a chi è affetto da dislessia o disturbi dell'apprendimento ma anche a chi non ce l'ha.
Secondo alcune statistiche, circa il 4% della popolazione è affetto da disturbi riconducibili alla dislessia. Tuttavia, l'incidenza dei casi appare molto maggiore in quei paesi che hanno un sistema di scrittura più complesso o irregolare, come quelli di lingua inglese. Nei bambini italiani in età scolare la percentuale dei casi riscontrata è intorno 4-5% (circa 1.500.000); in una classe di 25 bambini 1 o 2 ne soffrono. Quelli statunitensi arriva a superare l'8-10%. Si potrebbe anche ipotizzare che nei paesi che utilizzano lingue relativamente "facili", come l'italiano, una parte dei casi non venga rilevata.
3 casi su 4 si riferiscono a soggetti maschi.
Personaggi famosi: Leonardo da Vinci, Raffaello, Albert Einstein, Picasso, Kennedy, Winston Churchill, Walt Disney, Tom Cruise.
"Il “popolo” dei dislessici escluso dalla 104….. perché?
Perché la dislessia non è un “problema” ma una caratteristica.
E se i problemi hanno bisogno di soluzioni per le caratteristiche la questione è davvero molto diversa: bastano strategie nuove.
Se sei moro ti puoi esporre al sole, la tua pelle è più scura e ti bruci meno.
Se sei biondo invece devi starci più attento.
Esattamente nello stesso modo se si è dislessici (discalculici, dis, dis, dis) la questione è solo quella di utilizzare strategie per far “fruttare” la caratteristica anziché esserne penalizzati.
Gli studi scientifici hanno ormai evidenziato che la dislessia è solo un percorso diverso di apprendimento e come tale andrebbe affrontato.
Come al solito, però, la scuola è molto indietro rispetto ai reali bisogni degli individui e anche rispetto agli strumenti che il mondo moderno offre.
Gli insegnanti che non affrontano un percorso specifico non sono preparati e non conosco ne la caratteristica, ne le strategie per utilizzarla al meglio.
Che sono in realtà semplicissime e per nulla costose!
Si tratta innanzitutto (ma questo sia per DSA che per non DSA) di incentivare la motivazione e la curiosità. Come?
Allineando la scuola agli interessi e agli strumenti utilizzati dai ragazzi, ai loro interessi.
Utilizzando, per esempio, il computer come mezzo primario per apprendere.
Utilizzando strumenti che rendano l’apprendimento più semplice e diretto come le mappe concettuali, o che sfruttino la potenza delle immagini e della creatività, come le mappe mentali.
I libri sarebbero da sostituire completamente con le loro versioni in .pdf e l’uso della sintesi vocale da raccomandare.
Ma gli insegnanti hanno spesso paura che l’uso del PC o della calcolatrice privi i ragazzi della capacità di scrivere e far di conto cosi come noi la intendiamo e l’abbiamo sempre intesa in questi anni.
In realtà, soprattutto per i dislessici, questo è totalmente falso.
L’uso di strumenti,cosiddetti compensativi, ha invece la sola funzione di liberare il DSA dal problema, consentendogli così di utilizzare la parte migliore della propria capacità di apprendere in modo autonomo.
Il rischio di volere a tutti i costi uniformare l’apprendere è quello che vediamo, invece, tutti i giorni nelle nostre classi: ragazzi demotivati, svogliati e che odiano la scuola.
E per le famiglie lievitano i costi dei tutor, che, se non sono veramente preparati, non fanno che rendere il ragazzo sempre più dubbioso rispetto alle proprie vere capacità.
E’ necessario invece sensibilizzare sempre più gli insegnanti e le famiglie verso la reale portata del “problema” e prepararli, insieme, ai ragazzi, a una scuola nuova, più moderna.
Una scuola in cui non sia più centrale la differenza fra DSA e non DSA, ma lo diventi invece la tensione verso un apprendere sempre meno noioso e più moderno, che miri all’autonomia dei ragazzi e non all’assistenzialismo a tutti i costi.
Un ragazzo DSA al quale sia stata data l’opportunità di seguire un percorso formativo consono alle sue caratteristiche sarà un ragazzo motivato alla conoscenza perché spinto dall’innata curiosità che lo contraddistingue e perché capace di esporre gli argomenti didattici nel modo più congeniale a lui.
Questo farà di lui una persona che, pur avendo avuto un percorso formativo più difficoltoso e frustrante per certi versi, avrà imparato a conoscere e comprendere le sue particolari caratteristiche così da riuscire a sfruttare autonomamente i suoi punti di forza… questo lento percorso lo porterà ad un accrescimento della sua autostima che ,troppo spesso, nei ragazzi con DSA è molto minata.
Sicuramente è molto importante che la famiglia, in collaborazione continua con la scuola, si renda conto fin da subito delle difficoltà del bambino, difficoltà che se non colte possono portare a serie conseguenze dal punto di vista psicologico.
Un bambino compreso e successivamente guidato con i giusti mezzi, quindi seguendo quanto espresso nelle circolari e nelle leggi in materia di DSA e ascoltando i consigli del logopedista ma prima di tutto i bisogni stessi dell’alunno, avrà sicuramente meno difficoltà scolastiche e non si sentirà inferiore, stupido o incapace; al contrario un bambino al quale verrà negato qualsiasi tipo di supporto, sia esso genitoriale o scolastico, sarà un bambino che vivrà nella continua frustrazione e nella consapevolezza che qualche cosa in lui non va! Il continuo sentirsi dire che è svogliato, pigro e haimè a volte anche stupido lo porterà ad avere un calo di autostima e a cercare di affermare se stesso con comportamenti non propriamente corretti…
Bambini non compresi possono avere delle ricadute di carattere psicologico che vanno dalla depressione, con disturbi quali anoressia, bulimia o comportamentali come una forte aggressività e , purtroppo, anche di carattere autolesionistico. Sono bambini/ragazzi che non riescono a sopportare l’ingiustizia e vivono in un turbine di emozioni negative perché sanno che c’è qualche cosa che non va ma nessuno riesce a dire loro cosa e per di più si sentono accusati di non essere “giusti”.
L’importanza di una diagnosi è fondamentale, molti bambini dopo aver dato un nome alle proprie difficoltà si sono rivolti ai propri genitori esclamando “Lo dicevo che non ero stupido!” Questo è un primissimo passo verso la presa di coscienza e l’autonomia… I genitori a casa, supportando i figli nello studio, insegnando loro ad utilizzare le strategie migliori (computer, mappe, sintesi vocale etc…) e aiutandoli ad acquisire sicurezza , gli insegnati a scuola dando la possibilità di utilizzare quanto previsto in materia di DSA e cercando di evolversi verso un insegnamento sempre più partecipe, con la volontà di rimettersi in gioco e imparare nuovi modi di insegnare possono far sì che il popolo dei dislessici divenga semplicemente parte integrante del popolo degli studenti.
Per la normativa di riferimento si rimanda alla consultazione del sito nella sezione leggi e circolari www.agiad.it."
articolo di Dott.sa Luisa Zaccarelli e Ivana Pozzessere