A proposito delle prime fasi del ciclo di vita familiare abbiamo sopra delineato uno dei cambiamenti relativi all’identità maschile. Tale cambiamento chiama in causa soprattutto il livello delle rappresentazioni configurandosi come scarto tra l’immagine tradizionale di padre e l’immagine più recente di un padre affettivamente vicino al mondo dei bambini. È invece in riferimento al periodo adolescenziale che si è denunciata fin a partire dagli anni Sessanta, non senza una certa retorica, la crisi del ruolo paterno, tematizzata come vera e propria assenza e indebolimento di questa figura rispetto ad alcune funzioni e compiti-chiave propri del codice e dei significati paterni.
Di fronte alle radicali sfide che il mondo adolescenziale pone, si è annunciato da più parti l’avvento di una "società senza padri", di una società "denormativizzata", in cui cioè ad essere oscurati sono gli aspetti etico normativi appartenenti al codice simbolico paterno. Ciò che risulta in crisi è così la valenza tipicamente paterna di trasmissione di norme, valori e modelli che garantiscano la mediazione con il sociale.
Tale denuncia di abdicazione dal proprio ruolo paterno solo apparentemente contrasta con l’enfasi che viene posta sul nuovo tipo di coinvolgimento emotivo-affettivo del padre negli anni delle primissima infanzia dei figli, modello culturale che mostra tutta la propria inadeguatezza proprio a partire dall’adolescenza dei figli. Da più parti si sottolinea il fatto di non potersi più riferire ai padri come ad un gruppo omogeneo di persone in quanto ciascuno, in assenza di valori condivisi e di modelli di riferimento abbastanza certi, si trova a dover scegliere la propria strada con gli eccessi di rischio che questa nuova situazione comporta: da quello della femminilizzazione del ruolo paterno, come alcuni termini vogliono significare ("il padre marsupiale" o il "mammo"), a quello della sua parziale o totale abdicazione. I nuovi connotati di questa paternità sembrano dunque perdersi nelle frammentarietà dei profili (il "padre compagno di gioco", il "padre delegante", il "padre disimpegnato", il "padre ospite"...) e delle tipologie proposte allo scopo di descrivere, secondo una prospettiva diadica, le caratteristiche del legame padre-figlio.
Una ricerca italiana (Carrà e Marta, 1995), che si differenzia dal contesto di ricerca sul familiare dominato da un approccio riduttivamente individuale o al massimo diadico, sembra individuare in seno alla famiglia contemporanea i segnali di una nuova differenziazione e complementarità dei ruoli e delle funzioni educative durante la fase dell’adolescenza dei figli. Accanto a una figura materna che, rispetto al passato, tende ad assumersi nei confronti dei figli i compiti tipicamente paterni della competenza sociale (trasmissione di norme, valori e modelli che riguardano i rapporti con gli altri), senza peraltro abdicare ai propri, troviamo un padre che, emotivamente meno coinvolto nella quotidianità delle relazioni familiari, è in grado di osservare i propri figli con un’attenzione e una obiettività maggiori.
Così mentre la madre sembra "soccombere sotto il peso delle responsabilità e perdere capacità discriminativa rispetto alla realtà che sta vivendo" relativamente al rapporto con i figli adolescenti, tanto da incorrere in una sorta di cecità materna (Scabini, 1995), il padre riesce a preservarsi uno spazio di equilibrio che funziona come risorsa contro il rischio psico-sociale dell’adolescente. E ciò nonostante la forte pressione culturale che vorrebbe sospingere il padre verso un rischioso coinvolgimento emotivo nelle relazioni.
Tali risultati porta a descrivere i ruoli paterno e materno in modo difforme rispetto al modello funzionalista, ma anche rispetto allo stereotipo culturale del padre assente o marginale, configurando piuttosto il ruolo paterno come "risorsa-realismo-protezione" e quello materno come "sfida-idealismo-socializzazione".
Il registro della reciprocità
Superando la prospettiva fortemente individualistica nella comprensione del ruolo maschile-paterno e femminile-materno e centrandosi piuttosto sui legami familiari e sociali è possibile riconoscere all’interno delle dinamiche familiari e attraverso l’analisi di alcune tappe cruciali, che storicamente essa vive (la nascita dei figli e l’adolescenza di questi), i segnali di un nuovo tentativo di integrazione della differenza tra maschile e femminile e della non facile ricerca di una diversa corresponsabilità educativa nei genitori di oggi.
Sembra possibile rintracciare, accanto ai modelli succedutisi nel passato, da quelli premoderni, che hanno enfatizzato e mitizzato i temi dell’asimmetria e della differenza tra i sessi, a quelli moderni che hanno accentuato i valori dell’uguaglianza e della parità, un registro della reciprocità che propone nuove possibilità di incontro tra uomo e donna (Cigoli, 1997; Donati, 1997; Fraisse, 1996; Scabini e Iafrate, 1997).
È attraverso una visione autenticamente relazionale, capace di riflettere sulla specificità dell’essere uomo e dell’essere donna, che si evita il rischio di trasformare i percorsi di identità nella scorciatoia, che si fa facilmente stereotipo di luoghi comuni e di comuni rappresentazioni.
Come evidenziato, infatti, da diversi autori (Di Nanno e Manfredi, 1977; Knudson-Martin e Rankin Mahoney, 1996), esiste una tendenza, in concomitanza alle trasformazioni e ai processi di morfogenesi della famiglia, a enfatizzare ciò che determinati ruoli dovrebbero rappresentare all’interno di una data cultura. Si creano veri e propri "fantasmi di ruolo" in grado di vincolare i soggetti a una lunga ricerca di adesione a tali aspetti mitizzati. Il mito dell’uguaglianza nella coppia ha, in questa prospettiva, creato spesso un’illusione di uguaglianza, ponendo in secondo piano gli aspetti di una differenza costruttiva. La maggior flessibilità e la più ampia discrezionalità dei ruoli, segno tipico del tempo tecnologico-consumistico, non vanno confuse con l’uniformità e la "fusione" degli stessi. Potremmo piuttosto dire che il tempo contemporaneo rilancia all’uomo l’eterna sfida della differenza.
fonte: stpauls.it
articolo di Vittorio Cigoli e Cristina Giuliani