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Anche un ceffone può essere considerato un reato
Pubblicato il: 14/05/2013  Nella Sezione: Leggi e norme

Ancora una volta la Corte Suprema torna sul luogo del delitto all’interno delle mura domestiche a governare educazione e rapporti endofamiliari.
Questa volta l’attenzione è puntata sui mezzi di correzione e le tecniche di educazione.
Anche un solo schiaffo dato al figlio può essere reato.

Reato di abuso dei mezzi di correzione
I giudici della V sezione penale, con la sentenza n. 2100 hanno confermato la condanna per abuso dei mezzi di correzione nei confronti dei due figli ad un 51enne di Ravenna che era solito riprendere i figli con schiaffi e calci nel sedere. C’è da aggiungere che sull’uomo, alquanto recidivo, gravava già una condanna per lesioni personali volontarie in danno della moglie separata.

Quando scatta il reato
La Cassazione ha sottolineato come anche lo schiaffo isolato, quando sia vibrato con tale violenza da cagionare pericolo di malattia è sufficiente a costituire reato di abuso dei mezzi di correzione. La fattispecie criminosa, insomma, scatta anche in presenza di lievi percosse come i «calci nel sedere» e le «tirate di capelli».

Giudizio di merito e reiterazione della condotta
Nel giudizio di merito la Corte d’Appello di Bologna aveva confermato la decisione del gup di Ravenna condannando il padre manesco per abuso dei mezzi di correzione nei confronti dei figli sostenendo che per fare scattare la condanna prevista dall’art. 571 c.p. era necessario anche «un solo fatto». Inutilmente la difesa del padre di famiglia ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo che gli schiaffi non avevano un carattere «abituale» ma che si era trattato di un singolo episodio dovuto alla necessità di educare i figli. Tesi naturalmente rigettata da Piazza Cavour che ha precisato, in proposito, che la «reiterazione» dei mezzi di correzione «è condizione sufficiente ma non indispensabile per l’integrazione del reato il quale può sussistere anche in assenza della stessa ma in presenza di un unico atto espressivo dell’abuso».

fonte: lastampa.it del 20 gennaio 2010
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