Per vederla, i bambini la vedono. E fin qui niente di male (?), o strano. I problemi, semmai, quando si parla di televisione, sono cosa vedono, per quanto tempo e con chi. Perché la compagna di giochi che s'impara a conoscere fin da piccini è allo stesso tempo baby-sitter a ore ed elettrodomestico di cui i genitori diffidano. I motivi sono tanti da costruirci un reality show: «Troppi cartoni animati sono diseducativi», «le immagini dei tg sono troppo violente», «l'ostentazione della sessualità è ovunque e a qualsiasi ora», «i bimbi sono curiosi, fanno domande su tutto, e spesso è difficile trovare risposte adatte».
Mamme e papà s'interrogano. E quando sono al lavoro, che faccio? Vietare funziona? Devo riempire il tempo libero del mio bimbo con sport e letture? Che fare, infine, dopo un brutto voto: spedire a letto senza tivù? Siamo sicuri?
L'INDAGINE Dimenticato Carosello e chiusa l'epoca del cartone animato delle 20-e poi-subito-a-nanna, i bambini di Milano passano sempre più tempo davanti allo schermo. Un'infornata di immagini: film d'animazione, show, tg, videocassette, dvd. Lo certifica un'indagine che la Fondazione Iulm e Telefono Azzurro stanno conducendo in quattro scuole elementari della città (365 alunni). Un bimbo su due si gode il suo 24/36/42 pollici tutti i giorni, anche per tre ore. Sotto gli occhi vigili di mamma e papà, di solito. Ma anche quando i genitori sono al lavoro (il 93 per cento è padrone del telecomando quando è casa da solo). «È significativo, inoltre, che il 53 per cento dei piccoli si fermi davanti alla tivù ben oltre l'ora di cena», sottolinea Vincenzo Russo, psicologo dei consumi allo Iulm e coordinatore dell'«Osservatorio Bambini e Media» che sta svolgendo la ricerca. E quando la fascia non è protetta, non c'è «filtro» che tenga: in barba ai bollini rossi e ai semafori televisivi, il baby-spettatore spalanca gli occhi davanti agli stessi film che incollano alla poltrona mamme e papà.
IL GIUDIZIO Poi non è detto che ai piccoli questa televisione piaccia. Anzi. Un bambino su due la trova «noiosa», due su tre farebbero a meno di «pubblicità, volgarità e violenza». Tutti bocciano il linguaggio («spesso non lo capiscono»). E anche i telegiornali ne escono male. Noiosi, lunghi, faziosi, hanno per giunta il difetto di intristire: «I bimbi sono infastiditi dalla violenza e della guerra. E restano senza parole quando vedono altri bambini piangere», aggiunge Russo. Tocca innanzitutto ai genitori, dunque, «evitare immagini violente e sessualmente forti». E, soprattutto, «evitare di trasmettere le angosce ai figli: soprattutto i più piccoli tendono a imitare i genitori». Infine toccherebbe anche alle scuole assumere qualche responsabilità: «Purtroppo, però, sono ancora pochi i programmi di educazione al consumo della tivù», conclude Russo.
I CARTONI ANIMATI Una carrellata, senza soluzione di continuità. In analogico, digitale, satellitare. Colazione con i Pokemon, merenda con le Winx, dopo cena con i Looney Tones. «I cartoon hanno un'alta valenza emotiva, rispondono al bisogno di solleticare la fantasia e avere storie in cui identificarsi», spiega Rita Ciceri, docente di Psicologia all'Università Cattolica. Se usati con moderazione, però: «Invece i cartoni occupano anche i momenti della giornata che dovrebbero essere caratterizzati da una maggiore intimità e profonda interazione tra genitori e figli».
I CONTROLLI Prima regola: fare attenzione al bollino rosso. Seconda: concordare con i bimbi un uso responsabile del video. Terza: segnalare agli Osservatori su tivù e minori la presenza di spot e programmi hot in fascia protetta. Quarta: confidare nei nuovi media. «Oggi la tivù ha un'interattività limitata ? spiega Margherita Pagani, responsabile del New Media&Tv-Lab dell'Università Bocconi ?. Ma le nuove tecnologie stanno stimolando i produttori a realizzare più canali tematici e contenuti per i bimbi. Non solo: consentono ai genitori di impostare sistemi di controllo parentale». In attesa di una tivù meno violenta e volgare, e che magari non annoi, ci si arrangia come si può.
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