La nuova paternità, tema ricorrente ai nostri giorni. E uomini in crisi per mancanza di modelli alternativi a quella rigida divisione di compiti e ruoli celebrata dai manuali di mezzo secolo fa, con la donna (presunta moderna) fanatica dell''economia domestica, al centro del focolare e l''uomo votato a organizzare, risolvere, proteggere... schema sonnolento, ma ancora predominante in quegli anni di boom economico.
Un usurato limbo d''identità che esplode anni dopo quando, davanti al desiderio di un figlio, la vita si rivela "al contrario" rispetto alle aspettative della giovinezza. In quel tempo, ironizza Simone Lenzi in La generazione, (da generare, mettere figli al mondo...) romanzo che, dal punto di vista maschile, racconta l''impatto con il tema della procreazione assistita: "Gli animalcules sono dappertutto... spinti da un''esuberanza misteriosa e prepotente.. perché da ragazzo prendi ogni precauzione per evitare che ti procurino un figlio inatteso. Pensi che il ventre delle donne sia sempre pronto ad accoglierli". Insomma, all''epoca, riflette Lenzi, il problema era "che la generazione non avvenisse". Invece non va sempre così. "Al contrario", quando l''orologio biologico preme e la tua donna si avvicina al bivio, subentrano disillusione e sperdimento con un''unica apparente soluzione: ricorrere a medici e provette.
Racconta in prima persona il protagonista di La generazione. Lui è portiere di notte in un albergo, è legato alla sua compagna
da un amore ordinato, scandito dalla divisione del lavoro familiare e delle responsabilità. Poi un giorno sua moglie rompe l''equilibrio e lo incalza: "Ma tu, un figlio lo vuoi?". Lui risponde: "Sì lo vorrei, un figlio (una figlia in verità). Sinceramente però vorrei tante cose...". Inizia così, con stato d''animo disincantato, il lungo viaggio attraverso studi di ginecologia, preparazione teorica, codici criptici da cui dipende l''eventualità che i gameti s''incontrino, piani terapeutici, tentativi pratici con annessi e connessi.
Ironia venata d''amarezza, ma anche lievità guidano un romanzo che non è "di fantasia, ma d''immaginazione". E Simone Lenzi, autore eclettico, colto e dai mille mestieri, ne fa una storia moderna che, dal focus della procreazione assistita, si allarga e accende una luce sulla fragilità degli ultraquarantenni di oggi, persi e "in crisi" nel difficile compito di fare i conti con ruoli di genere che non funzionano più. Come fossero su una zattera, in attesa di scorgere un approdo.
Procreazione assistita, una scelta complicata e in Italia la legge non aiuta....
"Scrivere un romanzo sulla procreazione assistita mi ha dato la possibilità di parlarne senza partire da un presupposto ideologico. Un romanzo non può essere a favore o contro qualcosa per principio, può solo cercare di rendere ragione di verità individuali, come sono quelle della coppia di cui parlo. La mia storia racconta la difficoltà di un percorso che oscilla fra il potere della speranza e la paura della delusione. Da cittadino vorrei che la legge fosse riscritta in modo più liberale, ma da scrittore devo raccontare anche il peso della medicalizzazione, l''angoscia di quel calcolo delle probabilità che fa sempre presumere il peggio. Devo raccontare il pericolo stesso della indefinita ripetibilità dei tentativi e quello per cui molte coppie, dopo aver focalizzato il loro progetto esistenziale in un figlio, si separano dopo l''ennesimo fallimento".
Si parla sempre di maternità. E la paternità?
"La mia generazione è stata forse l''ultima a conoscere una figura tradizionale di padre come quella che, per intenderci, ci racconta Freud. Dopo è saltato tutto e dei padri, per molti anni, si è smesso di parlare, forse perché mancava persino un immaginario comune di riferimento. Oggi guardo i miei coetanei separati: quelli di loro che hanno delle figlie provano a non farle vergognare quando escono insieme, si vestono fighi quando vanno a prenderle a scuola, si organizzano per farle divertire il fine settimana. Vogliono insomma che le figlie si innamorino un po'' di loro, mentre prima succedeva esattamente il contrario: erano le figlie che si innamoravano dei padri. Come se i padri tentassero di dissimulare un ruolo che, se riconosciuto, porta inevitabilmente il segno di un''autorità destinata a essere messa in discussione prima e poi, finalmente, spodestata. Ma il vocabolario di queste nuove paternità, probabilmente, deve ancora essere inventato".
In La generazione, con l''età "la vita funziona al contrario", sogni compresi?
"Il protagonista del romanzo, da bambino, ama leggere uno di questi deliranti manuali domestici degli anni Cinquanta: "Il libro d''oro della donna". Crescendo poi si accorgerà che quella rigida regolamentazione dei doveri domestici (quasi una liturgia delle ore della perfetta vita borghese) non somiglia per niente alla realtà che si trova a vivere. Perché Il tempo delle decisioni è passato in fretta, e alla soglia dei quarant''anni sua moglie gli dice che ''si sente scadere'': vuole un figlio. I sogni, rovesciati nella veglia, diventano allora quelle possibilità che non sono state colte per tempo, diventano la ricerca del tempo sprecato. La verità, nel romanzo e oltre, è che in questi ultimi trent''anni abbiamo vissuto nell''illusione di un presente che si pensava destinato a durare indefinitamente. Ora pare che ci venga presentato il conto della nostra mancanza di progetti e speranze. Il capitolo finale del romanzo si intitola come l''ultima sentenza del motto di Ippocrate: "il giudizio è difficile". Ecco, forse è interessante ricordare che ''giudizio'' in greco si dice ''krisis''".
Silvana Mazzocchi - www.repubblica.it