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Niente permessi di paternità: Ministero dell'Interno condannato per averli negati ad un dipendente
Ministero dell’Interno condannato dal giudice del lavoro per comportamento discriminatorio, per non aver concesso i permessi di allattamento e congedo per malattia del figlio ad un suo dipendente neo papà. L’uomo - impiegato amministrativo della Questura di Venezia - si era visto negare i permessi di maternità e per l’assistenza alla figlioletta affetta da handicap grave, previsto dal testo unico 151/2001 a tutela di maternità e paternità.
Secondo il ministero, non ne aveva diritto in quanto la moglie era casalinga. Lui si è rivolto alla Consigliera di Pari opportunità della Provincia, l’avvocata Fedrica Vedova, che ha impugnato il diniego davanti al Tribunale, chiedendo i danni. E il giudice ha accolto il ricorso, condannando il ministero per comportamento discriminatorio e risarcendo l’impiegato-padre che non aveva potuto assistere la figlia nella sua malattia, con 9750 euro più interessi, oltre al pagamento di 3500 euro di spese legali.
Per il Tribunale - che cita la Cassazione - il lavoro della casalinga è un’attività lavorativa a tutti gli effetti: «La norma è volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato». Il diniego dei permessi, conclude la giudice Margherita Bortolaso, «ha comportato un’evidente discriminazione a danno del ricorrente, rispetto alla generalità dei lavoratori padri nelle sue stesse condizioni». «E’ una sentenza importante, che valorizza anche l’attività dell’Ufficio della Consigliera di Parità della Provincia», commenta soddisfatta Federica Vedova, «che partendo da un bisogno individuale di un lavoratore riconosce il rispetto di un diritto che ora può declinarsi in dimensione collettiva».
Nel 2011, l’Ufficio ha ricevuto 90 segnalazioni di discriminazione in materia di maternità, il 5% presentate da uomini: «Ma solo perché sono pochi a chiedere i congedi e solo allora si ritrovano a patire le difficoltà vissute quotidianamente da molte madri, ancora costrette a lasciare il lavoro per accudire i figli, per la difficoltà di veder applicato un loro diritto».
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