“Un testo, uno spaccato emotivo dell'essere papà e di quello che realmente si prova quando si diventa padre. Niente parole inutili, niente buonismi e a sprazzi anche la cruda realtà. (laRedazione)"
Questo documento è riservato a coloro che diventano papà per la prima volta. È stato scritto per essere divulgato con grande prudenza al fine di evitare che altre frange della società, in particolare le nonne e le vecchie zie, ostacolino il nostro tentativo di inventarci un ruolo di padre efficace e anche divertente.
1. Durante la gravidanza nostra moglie vive fisicamente nostro figlio e il suo corpo subisce cambiamenti sostanziali, per noi invece non cambia nulla e dobbiamo inventarci emozioni e sensazioni soltanto con la mente; a volte durante il lavoro quotidiano capita che ci dimentichiamo che siamo in attesa di un bambino.
2. È molto difficile sentirsi padre se ancora non si ha niente in mano; e poi noi siamo ancora figli dei nostri genitori. Nostra moglie non è più solo nostra moglie, è già madre, la madre di nostro figlio, ma non la nostra madre; che confusione!
3. Durante il parto scopriamo che nostra moglie che sembrava così delicatina è invece forte come un leone, infatti spinge come una belva; questa volta è proprio lei ad avere le palle.
Fa impressione pensare che anche noi siamo nati così; partecipare alla nascita di nostro figlio è un po’ come rivivere la nostra nascita della quale purtroppo non riusciamo a ricordare nulla.
4. Quando il nostro bambino nasce è brutto e sporco, non sembra contento, anzi è veramente arrabbiato. Però dopo pochi minuti come per miracolo si rilassa e improvvisamente sembra davvero soddisfatto: infatti apre gli occhi e ci guarda. Nessuno di noi potrà mai dimenticare quello sguardo che penetra nella nostra vita come un fulmine per rimanerci per sempre. In quel momento ci sembra di volare (non sentiamo neanche la fatica che abbiamo fatto…), in quello sguardo ci sembra quasi di vedere noi stessi.
5. Per noi guardare nostro figlio appena nato e farci vedere da lui (se ancora non vede bene che importa!) vuol dire averlo partorito e fatto nascere a modo nostro, utilizzando la nostra mente e la nostra anima invece del corpo. Gli studiosi hanno scoperto che anche per noi esiste un momento in cui si realizza l’attaccamento al nostro bambino e quindi desideriamo stare in sala parto non solo per aiutare nostra moglie ma anche per sostenere nostro figlio fin dall’inizio, proteggendolo e incoraggiandolo in un momento così difficile.
6. Dopo il parto, quando siamo a casa, nostra moglie si sente un po’ felice e un po’ triste, ha anche un po’ di panico, si sente la pancia vuota e in braccio ha una cosina che quando non dorme sta sempre con la bocca aperta; anche noi abbiamo un po’ di paura e spesso non sappiamo cosa fare, però cerchiamo di nascondere la nostra insicurezza e di essere il più possibile utili a nostra moglie, soprattutto vogliamo che non si senta sola.
7. Vogliamo cambiare i pannolini, fare addormentare il bambino e portarlo a spasso non per fare i “mammi” imitando nostra moglie, ma soltanto per conoscere e farci conoscere da nostro figlio adesso che non è più nella pancia. In passato i padri si preoccupavano poco di accudire il loro bambino a causa di strani stereotipi culturali e sociali; ancora oggi alcune madri sono molto legate al figlio e hanno paura a lasciarlo anche per pochi minuti.
8. Anche i nonni spesso sono abituati a vedere i loro piccoli nipoti accuditi soltanto dalla mamma e giudicano noi padri moderni quantomeno delle persone strane che leggono troppi libri e non sanno stare al loro posto; per loro noi dovremmo stare tutto il giorno a lavorare per mantenere la famiglia che cresce, ma come si fa a stare al lavoro sapendo che a casa c’è lui che comincia a dire “papapapapa…” e che tutti i giorni impara una cosa nuova?
9. Nei primi mesi dopo il parto nostra moglie si scorda di essere una moglie (è troppo concentrata e sorpresa di essere una mamma) e noi ci sentiamo molto gelosi e trascurati; possibile che non capisca che le tette non servono solo per allattare? Ma se ci immedesimiamo in lei, è facile capire che è opportuno aspettare e che fra un po’ ci inventeremo insieme un nuovo modo di essere un marito e una moglie che sono diventati anche papà e mamma.
10. Nei primi mesi ci inseriamo con discrezione in quella che gli esperti chiamano la “diade madre-figlio” e accettiamo volentieri che sia la mamma a condurre le danze; nel secondo semestre di vita invece nostro figlio incomincia a capire che il papà e la mamma sono due persone diverse e ogni tanto preferisce giocare col papà anziché stare sempre con la mamma; come genitori cominciamo a diventare complementari e il nostro bambino inizia a scoprire modi diversi di relazionare con gli altri. Qualcuno ci accusa di fare giochi troppo eccitanti che fanno agitare il bambino; in realtà studi specifici hanno scoperto che le mamme che lavorano molto, quando tornano a casa, anche loro preferiscono fare giochi molto stimolanti, chi invece passa molto tempo col bambino (maschio o femmina che sia) interagisce con lui in modo più sottile e modulato.
In conclusione, nella vita cosa c’è di più bello che tenere in braccio un frugolino tutto liscio e morbidino che ci guarda ridendo? Più bello ancora sarebbe soltanto essere proprio quel frugolino
Fonte: Quaderni acp 2006
Autore Alessandro Volta, Pediatra