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Alla luce del sole: 'il paradosso del padre'
Pubblicato il: 19/08/2011  Nella Sezione: Tutto io devo fare

"La libertà dei bambini, che in vacanza ha l'opportunità di esplodere ma che spesso finisce per essere soffocata dagli adulti, da chi ha dimenticato ormai da tempo cosa significhi essere e sentirsi liberi". Ho parlato di libertà e di educazione impartita da chi per primo è maleducato nel mio recente post Alla luce del sole. E ho scritto di persone ignoranti, che di nascosto oppure palesemente (la sostanza non cambia) assumono comportamenti irrispettosi nei confronti del prossimo e della natura, gente alla quale, data l'età e in quanto considerata 'matura', nessuno può eccepire alcunché o dare lezioni di buona condotta. 
Riguardo ai bambini, invece, tutto cambia e qualsiasi adulto può esprimere apertamente la propria opinione, dando loro una lezione di moralità anche rispetto un comportamento naturale come, ad esempio, quello citato di fare la pipì sulla spiaggia. Tutto ciò farà sì che da grandi i bambini di oggi si comporteranno esattamente come fanno i signori che insegnano loro la cosiddetta buona educazione: se non saranno adulti arroganti ovvero pubblicamente irrispettosi, diventeranno dei maleducati sommersi,  nell'ombra, nella loro sfera privata.
Sto leggendo un bel libro di Luigi Zoja, Il gesto di Ettore, dove, fra le altre cose, si parla del 'paradosso del padre'. Forse le citazioni che fra poco seguiranno sono, rispetto all'argomento di cui sto parlando, - per dirla con una bella immagine  dello stesso Zoja - come "le increspature nello strato di schiuma che cavalca a sua volta l'onda immensa della storia", ma io ci vedo in ogni caso un bel tratto di unione: "Ci si aspetta che proprio il padre insegni al figlio a essere nella società...laddove i rapporti nella società non sono di solo amore, e neppure di giustizia, ma anche di pura forza", dice l'autore alle pp. 10-11, (ediz. Bollati Boringhieri, 2011). Ma il padre vincente che la tradizione occidentale preferisce "non rischia solo di mancare di moralità. La necessità della forza è anche un limite posto al suo sentimento" (p. 11). Infatti, "il figlio si aspetta dal padre un affetto simile a quello materno, ma questo non esaurisce la sua richiesta. Con me, chiede, sii buono, sii giusto. Amami. Ma con gli altri, sii prima di tutto forte: anche a costo di essere violento, anche a costo di essere ingiusto" (p. 12).
Insomma, il figlio ha, verso il padre, aspettative contrastanti: "in famiglia il padre deve osservare una legge morale; nella società, invece, deve rispettare per prima cosa la legge della forza" (pp. 12.13). E' il 'paradosso del padre', il quale - contrariamente a quanto avviene per la madre, che sarà valutata come tale dal figlio per quello che fa con lui - "non è padre solo per quello che fa con il figlio, ma anche per quello che fa con la società: e le leggi che regolano questi due spazi di azione non sono le stesse". (p. 13). 
La relazione che intravedo fra le parole di Zoja e il mio discorso sull'educazione impartita a gran voce dai maleducati è che questi ultimi sono i 'padri' che amano e che insegnano ai figli a 'comportarsi', 'a stare al mondo': gli stessi che nella società rappresentano una maleducazione e un'arroganza vincenti. Qui, ovviamente, il 'paradosso del padre' o la contraddizione che metto in luce non è tanto psicologica, come quello di cui si parla nel libro, ma sostanziale, fisica e, al massimo, culturale. E' l'educazione privata e che ci si aspetta dagli altri, prima di tutti dai figli, e la maleducazione pubblica, degli adulti, nascosta oppure palese, ma in quest'ultimo caso pubblicamente ignorata.
Termino questo post citando un ultimo, bellissimo paragrafo da Il gesto di Ettore: "Il 'paradosso del padre' è tanto personale, psicologico, indipendente dalle epoche, quanto pubblico e storico. Al centro della civiltà patriarcale europea, penetrata dappertutto prima con la colonizzazione e poi con la globalizzazione, sta infatti anche un secondo paradosso, che altro non è se non la faccia collettiva del primo. Questa società ha adottato come credo il Cristianesimo, e contemporaneamente si è diffusa 'darwinianamente', con la forza. Cioè con la guerra, la rapina, la desertificazione della natura, lo sfruttamento e la sottomissione dei popoli più deboli o semplicemente più pacifici: con la trasgressione planetaria dei comandamenti 'non uccidere', 'non rubare', 'non desiderare la roba d'altri'. In questo senso proprio la civiltà europea, che ha sparso la razionalità sulla Terra, parte da un centro profondamente irrazionale. Come il padre individuale, il suo patriarcato oscilla tra legge dell'amore e legge della forza, ed è ben lontano dal trovare una sintesi" (p. 13).