Esistono le ricorrenze, le celebrazioni e le feste. E dopo aver decantato i 150 anni dell'Unità d'Italia nei giorni scorsi, protagonista di queste giornate è quell’uomo che quasi tutte le bambine sognerebbero di incontrare da grandi e quasi tutti i bambini vorrebbero somigliare da adulti: il loro papà.
C’è chi pensando a lui se ne ricorderà le carezze, chi i silenzi, chi gli abbracci, chi le distanze, chi oggi sentirà la sua mancanza e chi invece non si curerà della sua presenza. Come ben sappiamo tutti il ruolo della mamma è centrale nei primi mesi di vita, mentre quello del padre risulta apparentemente secondario. I papà “assistono” alla gravidanza, sono esclusi dagli aspetti biologici della gestazione, si rendono conto che le attenzioni emotive della compagna sono ora rivolte prevalentemente al piccolo dentro di lei, un’altra presenza e, dopo il parto, l’uomo ancora si troverà “spettatore” di questa nuova coppia madre e figlio, anche quando si accorgerà di non poter “dialogare” nello stesso modo e con gli stessi strumenti che possiede la mamma. In pratica, l’uomo sperimenterà la sua funzione paterna attraverso un’elaborazione psicologica che subisce una forte accelerazione solo dopo la venuta al mondo del figlio. Dunque solo a posteriori scoprirà che cosa significa essere padre, a differenza della donna che attraverso la gravidanza, si prepara anticipatamente all’arrivo del figlio nella propria vita e inizia a sentirsi già madre.
Eppure, nonostante sia naturale e tangibile porre la mamma in primo piano come figura fondamentale per una migliore ed armoniosa crescita fisica e psichica dei figli, non bisogna tralasciare l’importanza della funzione paterna poiché essa è una funzione naturale, necessaria e irrinunciabile come quella materna seppur ben distinta da essa.
Un tempo il padre era colui che rappresentava le regole, il rigore, il codice etico; colui che rimaneva più distaccato dalla vita familiare, colui che considerava la nascita un evento relativo al mondo femminile ed il suo compito consisteva nel procurare economicamente il necessario per poter sostenere la famiglia. Oggi, tranne ovviamente eccezioni da sempre esistenti, troviamo padri più coinvolti emotivamente ed affettivamente, che non rivestono ed incarnano solo il proprio “ruolo” ma che svolgono anche le loro “funzioni”.
Ed è bello oggi vedere come nella maggior parte delle coppie i mariti e i compagni si occupano dei piccoli dal momento della loro nascita, cui spesso assistono; sanno preparare biberon e pappe, cambiano i pannolini, spingono carrozzelle e passeggini con orgogliosa disinvoltura, portano a spasso i figli nel marsupio o nel seggiolino fissato dietro alle spalle, gioca col figlio e con la figlia. Il padre è, come dire, quasi un doppione della madre, ma purtroppo a lui oggi si ubbidisce poco. Dico purtroppo perché a volte, in questa società così indulgente e trascurante, servirebbe ancora quel padre che rappresentava l’autorità remota, quella cui, dopo la primissima infanzia, si ricorreva perché sanzionasse i capricci gravi e insensati, il mancato rispetto delle regole importanti, le marachelle compiute con sfrontatezza. Quel padre, insomma, a cui spesso si ubbidiva.
Ma l’essere genitori è un continuo divenire ed una continua trasformazione e si sa la perfezione non è la soluzione, in nessuna cosa.
Auguri a tutti i papà, comunque e dovunque essi siano.
Dott.ssa Florinda Bruccoleri Psicologa,
psicooncologa ed esperta in psicologia forense
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