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Detenuto rivendica paternità di suo figlio: il test del DNA gli da ragione
Pubblicato il: 26/01/2011 Nella Sezione: News
L’approdo inevitabile di certe storie è sempre il tribunale. Questa è la storia di un bambino che ha due padri. Al momento della nascita, però, era stato riconosciuto solo dalla mamma. Poi, di papà, ne sono spuntati due. E tutti e due sostengono di essere il padre naturale.
Uno è in carcere da diversi anni. L’altro, che nel frattempo ha sposato la madre del bambino, lo ha riconosciuto come figlio naturale e lo ha legittimato. Ma dal carcere, grazie alla prova del Dna, il detenuto ha dimostrato di essere il vero padre. Ed ora rischiano il processo la mamma del piccolo con il marito.
La storia arriva da Gallipoli. Ed è il solo riferimento che si può fornire per tutelare il minorenne che indicheremo con un nome di fantasia, Luca, e che suo malgrado, è coinvolto in questa singolare vicenda che si trascina da più di tre anni.
Quando Luca viene alla luce la mamma non indica il nome del padre e all’ufficiale dello Stato civile di Gallipoli fa mettere a verbale che il figlio è nato “dall’unione naturale di un uomo non parente né affine con lei nei gradi che ostano al riconoscimento”. Sull’identità del padre non viene indicato nulla. Finché a qualche mese di distanza dalla nascita del figlio, la mamma si sposa e di lì a poco il marito riconosce Luca come figlio naturale.
La notizia del matrimonio e della legittimazione del bambino arriva anche in carcere dove è detenuto un giovane gallipolino che, sia pur giovanissimo, si era reso autore di alcuni reati. Stavolta, però, ritiene che sia stata commessa un’ingiustizia nei suoi confronti e presenta un ricorso per ottenere il riconoscimento di paternità. Investe del caso il Tribunale dei minorenni e ricostruisce tutta la storia, a cominciare dalla relazione sentimentale all’interno della quale sarebbe stato concepito il piccolo Luca. «Sia durante la gravidanza che dopo la nascita - si legge nel ricorso inviato al Tribunale dei minorenni - ho chiesto ripetutamente di riconoscere il figlio naturale, ma la mamma si è rifiutata di dare il suo consenso». Certo di essere il padre naturale, il giovane chiede che sia disposto l’esame del Dna per l’accertamento della paternità. La mamma non si oppone e dà il consenso. Nel laboratorio di analisi Pignatelli si procede al prelievo dei campioni per verificare se esiste compatibilità genetica fra il bambino e il presunto padre naturale. L’indice che viene fuori dalla comparazione è ben al di sopra della soglia oltre la quale il rapporto di paternità è convenzionalmente considerato provato. Il padre naturale di Luca, dunque, è il giovane detenuto. Dal Tribunale dei minorenni la vicenda si sposta davanti alla Procura della Repubblica. Sia perchè i giudici minorili hanno trasmesso gli atti “potendosi ravvisare estremi di reato” sia perchè il padre naturale, confortato dai risultati delle analisi, ha presentato una querela.
E così, alla fine, nei confronti della mamma del bambino e del padre putativo è stata aperta un’indagine. La Procura ha chiesto il rinvio a giudizio dei coniugi, assistiti dall’avvocato Giuseppe De Luca, per il reato di alterazione di stato civile per aver dichiarato all’Ufficiale dello Stato civile di Gallipoli un soggetto che non era il vero padre.
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