Mio padre ha il Parkinson, io e mio figlio siamo più a rischio?
Dato che mio padre soffre di morbo di Parkinson, mi chiedo che rischi corro personalmente e ancor più che rischi corre mio figlio, che ora è solo un bambino. Insomma, la domanda è: esiste una componente ereditaria nello sviluppo di questa patologia e quanto «pesa» questa componente? Se la risposta è purtroppo positiva, si possono prendere delle precauzioni per ridurre al minimo le possibilità di ammalarsi?
Risponde Gianni Pezzoli, direttore centro Parkinson, Istituti clinici di perfezionamento, Milano
La causa del Parkinson non è ancora nota, ma negli ultimi anni gli studi sugli aspetti genetici hanno portato a una maggior comprensione dei meccanismi di insorgenza. Nella maggior parte dei casi la malattia è il risultato di un'interazione tra numerosi fattori ambientali, sui quali si può intervenire come l’ esposizione a sostanze tossiche (erbicidi, pesticidi, idrocarburi), e una predisposizione genetica.
Nella popolazione generale il rischio di sviluppare il Parkinson è di circa l’1-2%, che nei figli di persone malate sale al 3-6%. Come dire che nel 94-97% non lo svilupperanno mai. I parenti di secondo grado hanno un rischio pari a quello della popolazione generale. Solo in rari casi la predisposizione genetica è più forte ed è legata ad una mutazione su un singolo gene (malattia monogenica). I geni responsabili di queste forme monogeniche sono pochi e le famiglie in cui è possibile trovare mutazioni su questi geni sono rare. Di solito si trovano nelle famiglie con tanti soggetti affetti da Parkinson o quando l’esordio della malattia è molto giovanile (prima dei 40 anni).
In questi casi varrebbe la pena analizzare i geni LRRK2 e SNCA nei casi con alta familiarità e Parkina negli esordi giovanili. In genere, anche nelle forme genetiche il rischio di ricorrenza della malattia nei figli è basso.
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