Sono le 6.30 di mattina e la sveglia suona. Iniziano le attività di preparazione. La mamma di corsa si alza e si fa una doccia veloce, il papà inizia a farsi la barba e la piccola di casa ancora dorme. Alle 7.00 è il turno della bimba che viene prontamente svegliata dalla mamma che le ha già preparato il biberon con i biscottini. Il papà va a vestirsi, sarà il primo ad uscire di casa fra pochi minuti. Alle 7.45, mamma e figlia escono di casa per andare prima all’asilo-nido e poi in ufficio. Alle 8.30 tutti sono dove dovrebbero essere: mamma, papà e figlia. In posti diversi, separati. La bimba rimane all’asilo-nido fino alle 16.00, poi verrà il nonno a prenderla fino alle 19.00. Alle 19.30 a turno mamma o papà l’andranno a prendere per portarla a casa. Alle 20.00 ceneranno tutti insieme. Giocheranno e guarderanno la TV fino alle 21.30 quando la piccola andrà a fare la nanna. Il giorno dopo tutto ricomincerà daccapo.
Quella che ho descritto è una probabile giornata di famiglia dove entrambi i genitori si trovano a rincorrere impegni e figli in una corsa senza sosta.
La bambina è ancora piccola, ma adora stare con i genitori e a volte lo comunica in maniere particolari. A volte fa molte storie per fare qualsiasi cosa, altre volte fa i capricci, altre volte è contenta di inventare dei giochi con i genitori. Spesso per i genitori così carichi di impegni, non è facile gestire tutto. A volte i problemi sul lavoro finiscono per invadere gli spazi dedicati alla propria famiglia, compromettendo le relazioni.
Fare il mestiere del genitore in queste condizioni non è semplice e spesso ci si arriva senza una gran preparazione e senza troppo tempo a disposizione. Si ha la pretesa di riuscire a fare un percorso netto senza modelli di riferimento o allenamenti. Se chiedessi questo ad un campione olimpico, probabilmente andremmo incontro a un cocente fallimento. Eppure è un po’ questo che i neo-genitori chiedono a se stessi.
Quello che vorrei proporre in questo articolo è iniziare a fare una riflessione sul tipo di genitori che siamo in questo momento. Quanto tempo ed attenzioni riusciamo a dedicare ai nostri figli. In effetti spesso i neo-genitori si trovano a replicare i modelli che hanno avuto, a muoversi d’istinto, si ascoltano poco e si accontentano di questo. Credo invece che bisognerebbe aggiungere qualche strumento in più in modo per poter essere più efficaci nella crescita e cura dei figli.
Thomas Gordon ha fornito un metodo molto efficace per cercare di capire i nostri figli basandosi sull’osservazione di gruppi di genitori. Quello che è emerso è che uno strumento importantissimo è quello dell’ascolto attivo. Soprattutto dell’ascolto emotivo dei nostri figli. Trovo che si dia sempre meno spazio a questa fase e si preferisca appioppare soluzioni rispetto ai problemi che ci sono. Il problema è che non vediamo il mondo con gli occhi dei nostri figli ma con i nostri e questo limite ci fa spesso commettere grossi errori e perdere tempo dietro all’applicazione di soluzioni non idonee. Sedersi con i nostri figli, cercare di capirli, permetterebbe un miglior uso del tempo e una migliore relazione qualitativa con loro. Magari si potrebbe incominciare le nostre frasi con “mi sembri molto…..+ l’emozione che il figlio mi trasmette”. Magari non come inizio di conversazione ma come risposta a quello che il figlio mi sta dicendo. In questo modo potrei accorgermi di quello che sta succedendo mentre le cose accadono e non quando ormai la situazione è grave.
Il bambino che si sente ascoltato e capito è più pronto ad avere una buona relazione con il genitore. Anche le bizze, i capricci più estremi sono in fondo un loro modo per segnalarci e farci capire cosa vogliono da noi. Il problema è che generano in noi accettazione e non accettazione del comportamento del bambino e che non vengono esplicitate chiaramente a noi stessi come genitori. Siamo in fondo vittime del mito dell’accettazione incondizionata del figlio mentre è possibile e giusto fare una distinzione rispetto, non a quello che nostro figlio è, ma a quello che nostro figlio fa. L’accettazione o meno del comportamento del figlio permette di ascoltare anche i bisogni del genitore senza cadere in false ipocrisie evidenziando i conflitti anziché mascherarli. Sulla base della nostra reazione, stabiliremo che cosa sia opportuno fare.
Il punto è che bisogna decodificare il significato dei comportamenti del bambino. L’ascolto attivo è un primo indispensabile strumento.
fonte: psicozoo.it
articolo di Mara Foppoli
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